Sono piccoli varchi per microcosmi profondissimi, le fotografie di Grete (Wykofer), l’ultimo progetto fotografico di Juliette Wayenberg, inaugurato lo scorso 26 settembre presso la Galleria ZEMA di Roma.
— G. Leuratti, Quarta Parete

Après la furie l’eau redevient calme, lisse huile, les enfants recommencent à jouer et on reste là, alors comme aujourd’hui, avec nos bottes

de pluie, à se demander comment on va faire pour tout reconstruire mais en mieux cette fois. On retrouve des lambeaux de photos toutes

effacées, souvenirs qui ne veulent plus rien dire maintenant que l’image a disparu, maintenant que la dernière couche sur le support

baryté ne raconte plus, en négatif, que la violence de l’eau et la destruction qu’elle a laissée derrière elle. L’eau s’est infiltrée partout,

l’eau qui développe mes cyanotypes et fait apparaitre, alchimiste, leur bleu profond et l’eau trop calcaire qui les efface aussi, l’eau qui

crée et l’eau qui détruit, l’eau qui dépose strates successives les souvenirs comme sédiments dans cette archéologie des sentiments qui

révèle la mémoire tout à la fois individuelle et collective et, la mettant à jour, la travaille et la transforme comme ces images qui n’ont

plus rien à voir aujourd’hui avec celles de l’album.

Dopo la furia l’acqua ritorna calma, liscia, olio, i bambini ricominciano a giocare e no rimaniamo lì, allora come oggi, con le calosce

ai piedi, e ci chiediamo come possiamo fare per ricostruire tutto, ma più solido, più grande, più bello. Ritroviamo dei pezzetti di

fotografie a metà cancellate, ricordi che non significano più nulla ora che è scomparsa l’immagine e che l’ultimo strato sul supporto baritato non racconta più, in negativo, che

la violenza del mare e la distruzione che si è lasciato dietro. L’acqua è entrata ovunque,

l’acqua che sviluppa i miei cianotipi e porta in luce, alchemica, il loro blu profondo, e l’acqua troppo dura che li cancella piano piano, se li lascio a bagno un pò troppo a lungo.

L’acqua

che crea e l’acqua che distrugge. L’acqua che sovrappone, strati successivi, i ricordi come sedimenti in questa

archeologia del sentimento

che svela la memoria insieme individuale e collettiva e, rivelandola, la rilavora e la trasforma come queste immagini che oggi

non somigliano più a quelle dell’album del

bisnonno.